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venerdì 6 marzo 2009

[360] Silent Hill Homecoming



Nell’ormai lontano 1999, il primo Silent Hill strinse con la sua onnipresente nebbia i giocatori di tutto il mondo in un inedito e inquietante incubo. Con un inversione a novanta gradi rispetto alla concezione di horror espressa dal Resident Evil di Capcom, il gioco Konami non si servì di zombie e altre orride aberrazioni mutanti per terrorizzare l’utente, ma optò per un approccio più psicologico, immergendo il giocatore in un mondo fatto di buio e silenzio, di spettrali risate e di destabilizzanti brusii, dove il senso di isolamento e la paura dell’ignoto giocavano un ruolo decisivo e fondamentale. Ora, dieci anni dopo, le cose sono molto cambiate. Dopo un eccellente secondo episodio, la macabra magia degli inizi è andata via via scemando nel corso delle varie reiterazioni, dovendosi scontrare nel mentre anche con una concorrenza sempre più agguerrita, con nuovi e validi sfidanti a contendersi un posto di rilievo nel genere dei survival horror. Ora con questo Silent Hill: Homecoming Konami tenta di rientrare in carreggiata e, affidando lo sviluppo agli americani Double Helix Games, porta finalmente la serie sulle console di nuova generazione. Ma basterà questo per tornare ai gloriosi fasti di un tempo?

Mamma sono a casa!



La trama di Homecoming pare pescare a piene mani da molti dei clichè tipici della serie, aggiungendo elementi presi dallo stesso film Silent Hill e condendo il tutto con scene di efferata violenza che sembrano, neanche tanto velatamente, strizzare l’occhio a pellicole come Hostel e i vari Saw. Inizialmente ricoverato in un ospedale frutto soltanto della sua mente, Alex Shepard, un militare ormai in congedo, scoprirà una volta tornato a casa non soltanto che il suo fratello minore è scomparso apparentemente nel nulla, ma che la stessa sorte è capitata anche a buona parte dei suoi concittadini, rimpiazzati perlopiù da sinistre ed inquietanti creature. Il suo pellegrinare lo porterà ben presto (quando si dice la sfortuna) proprio nella rinomata località turistica di Silent Hill, e da lì in un tunnel di orrore e morte dal quale il nostro eroe dovrà cercare di uscirne sano e salvo. Malgrado il lodevole tentativo di tentare di intelaiare una trama priva di quei contorti passaggi e di quei buchi logici che spesso hanno afflitto i capitoli precedenti, Homecoming soffre di una narrazione eccessivamente prevedibile e purtroppo ricca di molti degli stereotipi del genere, pagando in particolare un inizio col freno a mano tirato, con gli eventi a rendersi particolarmente interessanti solo a partita molto inoltrata. Infine, discostandosi piuttosto bruscamente dall’horror psicologico al quale la serie ci aveva abituati, il gioco non si fa scrupoli nell’elargire un numero cospicuo di scene tipicamente splatter, palesando così ancora di più il cambio avvenuto in cabina di regia.

Niente può fermare un soldato



Per quanto riguarda il gameplay, non molto è cambiato. Abbastanza sorprendentemente, i maggiori sforzi sono stai profusi sul sistema di combattimento corpo a corpo, che ora risulta più coinvolgente e dinamico. Da buon ex-soldato infatti Alex non condivide l’impaccio e la poca dimestichezza con le armi che accomunavano i protagonisti dei precedenti episodi, dimostrandosi estremamente abile nell’affrontare le varie creature con le quali avrà il dispiacere di entrare a contatto. Dotato dell’inedita possibilità di schivare gli attacchi dei nemici mediante rapidi scarti laterali o una capriola a terra, anche il meno abile dei giocatori riuscirà in breve tempo a rendere ogni scontro poco più di una semplice formalità, grazie anche all’efficacia dei fendenti sferrati da Alex, ora concatenabili in devastanti combo e contrattacchi. Questo purtroppo col proseguire dell’avventura finisce per sminuire eccessivamente il ruolo delle varie mostruosità che via via incontreremo sul nostro cammino, e benché questo fosse un difetto presente in quasi tutti i capitoli della serie, in questo caso il difetto è acuito dal maggior frequenza e numero delle creature, che ben presto non diverranno altro che meri ostacoli posti fra noi e il nostro prossimo obiettivo. Per il resto nulla è variato, con esplorazione ed enigmi a costituire ancora buona parte della base portante dell’esperienza di gioco segnata, come vuole la tradizione, da varie scelte ad opera del giocatore che porteranno infine a uno dei vari epiloghi possibili.

Un lavoro ben eseguito



Tecnicamente, i ragazzi di Double Helix Games hanno fatto senza dubbio un lavoro soddisfacente. Pur non avvicinandosi alle vette raggiunte da questa generazione (Dead Space è lontano), Silent Hill: Homecoming ammicca all’occhio del giocatore con ambientazioni sapientemente realizzate e dettagliate quanto basta, rese ancora più vivide e convincenti da un sistema di fisica in tempo reale. Menzione speciale per il passaggio in tempo reale dalla dimensione normale a quella demoniaca (altro chiaro rimando alla parzialmente omonima pellicola), con mura ed oggetti a sgretolarsi in sinistri coriandoli e a ripresentarsi con fattezze orride e deformate. Certo, qualche difetto c’è, dalle texture non sempre all’altezza a qualche animazione non proprio riuscitissima, ma sono peccati che non deturpano più di tanto il quadro generale di una realizzazione tecnica comunque lodevole. Superlativi come al solito invece effetti sonori e musiche, quest’ultime composte ancora una volta dal maestro Akira Yamaoka, a quanto pare incapace di comporre qualcosa che si distanzi dalla pura eccellenza.

Commento finale

Silent Hill: Homecoming poggia le sue basi su quello che di fatto è un equivoco di fondo. La serie survival horror di Konami ha sempre fatto tesoro nel corso degli anni dell’estro e della creatività dei suoi artisti, ora stupendo con atmosfere e ambientazioni uniche e agghiaccianti, ora ammaliando con intrecci e personaggi degni di un lungometraggio. Privato di questi flussi creativi, quello che resta è un’avventura horror dall’impronta fortemente lineare, caratterizzata da impianto di gioco piuttosto anacronistico e un andamento alquanto flemmatico. Non che Homecoming sia un brutto gioco, tutt’altro. Ma la sensazione è che Double Helix Games abbia svolto il compitino assegnatogli senza andare oltre, dando in pasto ai fan quanto basta per tenere buoni gli animi fino al fatidico giorno. Il giorno nel quale il Team Silent si rimetterà finalmente all’opera.

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