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giovedì 20 marzo 2008

[Cinema] Cover Boy


Ioan (Eduard Gabia) è un ventenne rumeno al quale, quand’era ancora solo un bambino, gli scontri avvenuti durante la caduta del regime comunista di Ceausescu hanno portato via il padre e che ora, come tanti suoi coetanei, insegue il sogno del ricco occidente partendo per l’Italia. L’amico con cui intraprende il suo viaggio viene però bloccato alla frontiera e Joan arriva a Roma senza conoscere niente e nessuno; non avendo alcun posto dove andare, passa le notti dormendo a Termini ed è proprio qui che conosce Michele (Luca Lionello), inserviente precario quarantenne con il quale stringe in breve tempo una salda e profonda amicizia. Insieme vivranno sotto il giogo di una disillusa padrona di casa (Luciana Littizzetto) in un fatiscente appartamento e, ognuno a modo suo, faranno i conti con la realtà lavorativa italiana nell’era della globalizzazione.

L’opera seconda di Carmine Amoroso, già scrittore e regista dell’audace Come tu mi vuoi, è una feroce e spietata critica al mito del neoliberismo e della flessibilità del mercato del lavoro, con particolare riguardo alla realtà sociale del nostro paese, dipinta con estrema durezza e verosimiglianza. Attraverso le vicissitudini del personaggio di Michele trova sfogo infatti il grido di dolore dei cosiddetti precari, persone costrette a lottare quotidianamente per arrivare alla fine della giornata e private completamente del loro futuro. Perché la precarizzazione del lavoro riduce l’individuo a pura merce di scambio, espropriandolo della sua dignità, isolandolo in una gabbia di tetro squallore negando così ogni possibilità di crearsi degli affetti stabili e una famiglia. Uno stato questo di barbarie dal quale l’amico Ioan sembrerebbe tirarsi fuori tramite l’incontro con una famosa fotografa (Chiara Caselli), che lo sceglie come suo modello e lo porta con se a Milano. E qui, paradossalmente, il quadro si fa ancora più desolante, perché se da un lato si lotta per il puro sostentamento, dall’altra il denaro fa scempio di ogni valore, con l’immagine e l’apparenza a diventare i vessilli di una classe benestante completamente autoreferenziale.

La creatura di Amoroso mira quindi in alto, ma ha gambe troppo fragili per sostenere appieno il peso della sua ambizione. Il film soffre di evidenti problemi di sceneggiatura, probabilmente figli del lungo travaglio e dei numerosi problemi economici in cui è dovuta incappare la produzione, che finiscono irrimediabilmente per inficiarne la compattezza e la coerenza interna. L’interesse di natura omosessuale nutrito da Michele nei confronti del giovane rumeno è solo abbozzato e non trova mai un vero posto nello svolgimento della trama, con le scene di nudo integrale maschile a risultare forzate e artificiose. Anche il pretesto con cui ci viene mostrata l’aberrante vacuità della Milano bene, l’incontro e la breve relazione tra Joan e la fotografa, è assai poco credibile e finisce per tagliare fuori uno dei cardini portanti della pellicola, il personaggio del bravissimo Luca Lionello.

Cover Boy è vittima dello stesso sistema da esso denunciato. Un film d’autore martoriato da tagli di budget e ostracismo dei distributori, ma anche orgogliosamente indipendente e per certi versi innovativo (tutto il film è girato in HDV). Lungi dall’essere perfetto quindi, il film di Carmine Amoroso esplora tematiche raramente trattate nel cinema, restando pertanto una visione consigliata a chi volesse farsi un’idea dello stato nel quale versa il nostro paese.

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