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sabato 25 giugno 2011

[360] Bioshock 2


A volte capita di avere tra le mani un piccolo capolavoro e non rendersene conto per molto, molto tempo. Lo scorso marzo restituì al Gamestop dove l’avevo comprato God of War III, un po’ deluso dal gioco in sé, un po’ perché al tempo si vociferava del rilascio da lì a pochi mesi dell’intera trilogia in un unico pacchetto, cosa che tra l’altro non avvenne affatto. In permuta, non trovando nient’altro che mi interessasse, presi piuttosto contro voglia Bioshock 2, che è rimasto a prendere la polvere sullo scaffale della mia stanza per oltre un anno. “E’ la copia brutta del primo”, “La trama fa veramente pena”, “Un gioco inutile”: questi commenti mi tennero alla larga dal titolo 2K Marin fino a una settimana fa. Ma ora che l’ho giocato e finito, mi sento di dire tranquillamente una cosa. Cazzo se queste persone si sbagliavano!

E’ vero che Bioshock 2 prende a piene mani dal titolo originale, e per molti versi di questo ne risente. Le ambientazioni, la malsana eppur affascinante atmosfera di Rapture è ormai familiare, così come molte delle figure che la popolano, dai sempre disturbanti ricombinanti ai minacciosi e possenti Big Daddy. Eppure questo seguito riesce comunque a catturare, anche grazie ad un gameplay decisamente migliorato. Nei panni di Delta, uno dei prototipi originali di Big Daddy, ora possiamo usare armi da fuoco e plasmidi senza doverli intercambiare, rendendo il combattimento di conseguenza più fluido e divertente. Gli stessi plasmidi, pur essendo in buona parte i medesimi del primo capitolo, sono stati ampiamente rivisti. Ora è possibile spendere ADAM per potenziarli fino a tre livelli diversi, con ognuno ad aggiungere sostanziali novità sotto il profilo del gameplay. Ad esempio, potenziando il plasmide diversivo, oltre a dirigere le attenzioni del personale automatizzato verso un nemico, si potrà utilizzarlo per evocare direttamente dei robot da battaglia che combatteranno al nostro fianco.


Quest’enfasi sulla personalizzazione dell’arsenale a disposizione permette l’adozione di tecniche di combattimento peculiari. Ad esempio, l’approccio del sottoscritto era per prima cosa esplorare l’ambiente circostante tramite il plasmide esplorazione, attaccare i nemici da una posizione di sicurezza (facendoli lottare tra loro tramite ipnosi o tirandogli direttamente un tavolo sui denti grazie alla telecinesi), e poi aspettarli in agguato, piazzando trappole sul tragitto e finendoli con la mia trivella, l’arma d’eccellenza per ogni Big Daddy che si rispetti. Inoltre, più attenzione è stata dedicata alla varietà dei nemici, con le Big Sisters a prendersi la ribalta come new entry più significative, e al contempo snellite di molto le sequenze di “hackeraggio”, che ora avvengono in tempo reale senza frammentare o rallentare l’azione.


Sotto il mero punto di vista del gameplay tanto di buono è stato fatto quindi, e l’unico appunto che mi sento di fare a riguardo è una certa ripetizione di alcuni compiti, e il pensiero va sicuramente alla fasi di scorta delle varie Little Sisters durante la raccolta di ADAM. Inoltre, come già detto, buona parte delle location del gioco faticano ad impressionare più di tanto, peccando inoltre di scarsa personalità rispetto all’originale.


L’intreccio narrativo invece mi ha sorpreso. Nonostante anche in questo seguito si abbia a che fare con un’ideologia andata orribilmente per il verso storto, nella fattispecie il particolarissimo comunismo portato avanti dalla psichiatra Sofia Lamb, il gioco pare puntare molto di più sulle corde dell’emotività che sulle corde della pura elucubrazione mentale. Dominante è il rapporto padre figlio, rappresentato perlopiù dall’indissolubile legame tra Delta ed Eleanor, la sua Little Sister, ma anche altri personaggi secondari portano avanti lo stesso tema , in particolar modo tramite gli immancabili, e sempre egregiamente doppiati, nastri registrati. E nonostante un ritmo narrativo non proprio equilibrato e qualche sbavatura qui e là, nel finale questa emotività viene veicolata talmente efficacemente che con mia sorpresa mi sono ritrovato con una lacrimuccia sul viso mentre sullo schermo scorrevano i titoli di coda.


Insomma. Bioshock 2, pur essendo un titolo estremamente simile al suo capostipite e di conseguenza difettando della sua dirompente carica di fascino e mistero, si rivela comunque un ottimo gioco, di fattura estremamente pregiata sotto molti aspetti e capace di lasciare, almeno nei cuori di alcuni, una traccia che difficilmente verrà cancellata.

P.S. Non avendo filato di pezza il multiplayer, mi è parsa cosa buona e giusta tenere questo aspetto fuori dalla recensione. Comunque, sì, c'è pure il multiplayer.

mercoledì 22 giugno 2011

[360] Assassin's Creed Brotherhood


Filler è un termine inglese che significa "riempitivo" e che, nel mondo dei media indica una parte di un'opera che non è coerente, o che lo è solo debolmente, con il resto della stessa. I motivi per l'inserimento dei filler sono molteplici.

Perché iniziare la recensione di Assassin’s Creed Brotherhood con la definizione del termine filler, tra l’altro presa di peso da Wikipedia? Perché questa nuova avventura del buon Ezio Auditore da Firenze è proprio un riempitivo, filler appunto, un gioco che non aggiunge nulla all’intreccio narrativo portato avanti dai due predecessori, e che quindi basa la sua ragion d’essere esclusivamente sul gameplay. Aspetto che, abbastanza notoriamente, non è mai stato proprio il punto forte della serie Ubisoft.


La trama in poche parole. Dopo aver strappato finalmente dalle mani dei Borgia la tanto agognata mela, Ezio Auditore vede bene di farsela fregare cinque minuti dopo proprio dagli stessi Borgia, e per questo dovrà recarsi a Roma nel tentativo di recuperarla un’ennesima volta. Tutta l’avventura è quindi incentrata sul porre fine all’esistenza dei due Borgia, padre e figlio, in un contesto che si segnala per l’assoluta mancanza di altri personaggi degni di rilievo. Per tutta la durata del gioco si avrà di fatto a che fare con missioni minori, uccisioni di personaggi del calibro del macellaio, il fabbro, il “cecchino” (…) e altre simili nullità dotate di personalità pressoche nulle e con sottotrame del tutto inesistenti. Assenti quindi gli intrighi, i doppi giochi, le disquisizioni su vita, morte e religione presenti nei due titoli precedenti, e con essi spariscono, cosa ancor più grave, un design delle varie missioni un minimo elaborato ed avvincente.

Quello che resta quindi è il gameplay, che qui si ripresenta con gli stessi cronici problemi di sempre. Le sezioni di “parkour” sono sempre avvincenti e frenetiche quando tutto fila per il verso giusto, ovvero quando si segue il percorso prestabilito a tavolino dai programmatori. Ma appena si esce dal selciato, ritornano i problemi di un sistema di controllo contestuale, che lascia all’ambiente e non al giocatore il vero controllo delle azioni di Ezio. D’altra parte, il combattimento torna sostanzialmente invariato: di nuovo c’è la balestra, di fatto una versione potenziata dei pugnali da lancio, e la possibilità di concatenare uccisioni dopo aver effettuato il primo assassinio.


Ubisoft ha evidentemente, e lodevolmente tentato di mettere più carne al fuoco possibile sotto il mero profilo di gioco. Ogni zona di Roma è controllata dai Borgia, e per liberarla va abbattuta una torre previo prima aver ucciso il comandante di zona. Ritorna Leonardo con i suoi avveniristici gadget, e questa volta dovremmo anche andare in missione per distruggere alcune delle sue macchine belliche, finite nelle pericolose mani del nemico. Tornano anche le sezioni puramente d’esplorazione e platform, qui denominate “le tombe di Romolo”, e vi è l’opportunità di assoldare e addestrare reclute per farli pian piano diventare degli spietati assassini.

Tutto questo fa si che cose da fare non manchino davvero mai. Quello che manca, o che è mancato per me, è il coinvolgimento emotivo da parte del giocatore in tutto questo, e senza questo indispensabile fattore i limiti e i difetti risultano molto più evidenti di quanto potessero apparire in AC2. Roma è realizzata davvero splendidamente, specialmente in alcuni dei suoi luoghi più caratteristici e famosi (entrare per la prima volta nel Pantheon è davvero qualcosa di speciale), ma la corruzione, gli intrighi, la sofferenza che dovrebbe attanagliarla non vengono mai veicolati convincentemente.

Senza tirarla ancora per le lunghe, Assassin’s Creed Brotherhood è un titolo poco più che discreto. Nonostante l’aggiunta di molti elementi positivi (menzione speciale per il multiplayer, davvero carino), l’insignificanza della trama di questo episodio e il lacunoso design delle missioni mettono in luce gli strutturali limiti del gameplay, dando corpo ad un’esperienza perlopiù dimenticabile, se non addirittura frustrante in taluni frangenti.