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mercoledì 17 dicembre 2008

[360] The Last Remnant


Dopo un lungo e apparentemente interminabile periodo di assenza, Square Enix sembra ufficialmente uscita dalla penombra e, dopo il recente Infinite Undiscovery, torna a firmare un nuovo jprg ad esclusivo appannaggio (seppur temporale) dell’utenza X360. Sarà The Last Remnant l’inizio di un nuovo periodo d’oro per la software house nipponica o l’ennesima conferma che, dopo la dipartita di alcuni storiche figure chiave, in effetti un po’ dell’antica magia è andata smarrita per strada? Andiamo a scoprirlo.


Un caricamento lungo tutta una vita


Di solito non usiamo aprire le nostre recensioni disquisendo dell’aspetto tecnico dei giochi da noi esaminati, ma in questo caso ci è parso un passo dovuto e necessario visto i notevoli problemi riscontrati a riguardo e il grosso impatto che questi hanno sulla fruibilità del gioco da parte dell’utente. Inutile girarci troppo intorno: graficamente The Last Remnant è un mezzo disastro. Basteranno i primi minuti di gioco per rendersi conti di quanti e quali problemi questo titolo soffra, dall’estremo ritardo nella visualizzazione delle texture ad un frame rate claudicante fino all’ esorbitante numero di caricamenti presenti. E quest’ultimo in particolare, per quanto possa forse suonare strano, è un problema madornale. C’è qualcosa di vagamente perverso e snervante nell’entrare in una città, arrivare nella piazza principale, visitare la consueta taverna, uscire e tornare in piazza e poi ripassare alla world map e nel processo sorbirsi decine di schermate di loading, il tutto poi magari per parlare giusto un istante con un determinato personaggio. Si tratta di un problema in verità già riscontrato un produzioni analoghe (il pensiero va al Lost Odyssey di Mistwalker, anch’esso mosso dall’Unreal Engine 3) ma qui presente in maniera veramente eccessiva e assolutamente intollerabile per gli standard odierni. E a poco serve la possibilità di poter installare il gioco su hardisk, visto che questo non farà altro che ridurre in maniera minima i tempi di loading ma prendendosi in cambio ben sei giga di memoria, cifra eccessiva considerata la capienza normale dei dischi rigidi in dotazione per X360. Un peccato davvero, perché a livello di design il lavoro svolto è di primissima qualità, con personaggi e ambientazioni originali e curate nei minimi dettagli che finiscono però per essere seppelliti sotto una marea di bug grafici. A chiudere infine la valutazione non certo esaltante del lato audiovisivo del gioco abbiamo inoltre musiche piuttosto anonime, incapaci di suggestionare o emozionare a dovere, e un doppiaggio in inglese tanto enfatico da risultare involontariamente ridicolo e caricaturale, e l’impossibilità di poter scegliere l’originale in giapponese (opzione alla quale ormai ci eravamo abituati) non è che l’ultima di una serie di delusioni piuttosto cocenti.

L’unione fa la forza


Parlato di quelli che sono i molti problemi di The Last Remnant, ci sembra ora il caso di sottolineare quelli che sono indubbiamente alcuni punti forti, e tra questi spicca sicuramente il sistema di combattimento. Ultimo figlio di una lunga tradizione alla continua ricerca di un qualcosa di nuovo in grado di sovvertire i soliti stilemi del genere, il battle system gira tutto sulla gestioni delle così dette unioni, ovvero squadre composte da massimo cinque personaggi e in grado di operare come una singola unità. A differenza infatti di quanto accade di norma, in The Last Remnant impartiremo ordini non ad una serie di individui ma a piccole truppe, ognuna configurabile a piacimento dal giocatore, che potrà scegliere quali formazioni adottare, da quelle più offensive ad alcune più caute, e che tipo di unità avere, selezionando di volta in volta i membri maggiormente adatti alle proprie necessità. Inoltre un ruolo fondamentale lo giocherà anche la posizione sul campo di battaglia: caricare a testa bassa un gruppo di nemici infatti potrebbe esporci ad attacchi laterali dalle adiacenti truppe nemiche, ma allo stesso tempo magari offrire ai nostri compagni l’opportunità di eseguire una devastante imboscata alle loro spalle. E’ decisamente marcata l’impronta strategica data dai programmatori al gioco, ed è di conseguenza un peccato che questa non venga fuori prima di svariate ore, costringendo all’inizio il giocatore ad una serie di semplicissime battaglie che potrebbero fuorviare e dissuadere dall’andare oltre i meno pazienti, e che facendo il paio con la mediocre realizzazione tecnica rendono The Last Remnant un gioco dall’approccio assai ostico e conflittuale.

Uno strategico mancato


Ultima in questa sorta di recensione sottosopra, la trama dell’ultima fatica Square Enix non si discosta più di tanto dalle solite tematiche e dagli immancabili clichè che ormai abbiamo imparato a conoscere in anni ed anni di esperienza, offrendo però di contro qualche spunto abbastanza interessante. Nei panni del giovane Rush Skyes, le prima battute del gioco ci vedranno alla ricerca della nostra amata sorellina rapita da un oscuro figuro a bordo di un Remnant, arcani artefatti dotati di immenso potere capaci di alterare e governare la vita di interi popoli. Ovviamente ben presto il focus si sposterà proprio sui Remnant e sul loro controllo, e con esso avrà il via l’immancabile lotta per scongiurare il dominio del mondo da parte del cattivone di turno. Peccato però che la progressione nella trama avvenga mediante una fase esplorativa ridotta ai minimi termini, con le città vivisezionate in spartani hub atti solo all’arruolamento e all’equipaggiamento di nuove truppe e dungeon decisamente lineari, nei quali una semplice mappa, reperibile di norma all’entrata. ci indicherà ogni volta senza alcuna possibilità di errore la via da seguire. Quello che resta da fare quindi al giocatore è semplicemente esplorare le zone alla ricerca dei nemici, tanto che non sembra azzardata l’idea, visto anche la natura della world map (non esplorabile in alcun modo) e la grossa enfasi posta sul combattimento, che Last Remnant sia quasi una sorta di strategico mancato, al quale non si sa bene per quale ragione sia stato poi aggiunto una fase esplorativa assolutamente fiacca e dimenticabile, aspetto questo ulteriormente enfatizzato dalle varie missioni secondarie disponibili nel corso dell’avventura. Un vero controsenso.

Commento finale

The Last Remnant è indubbiamente un gioco bizzarro. Afflitto da enormi problemi tecnici e da una struttura di gioco non sempre coerente, l’ultima creatura Square Enix probabilmente metterà in fuga molti di quelli che non riusciranno ad andare oltre le prime, traumatiche, ore di esperienza. I più eroici invece, una volta superato lo scoglio iniziale, si troveranno alla prese con un jrpg dotato di un sistema di combattimento stimolante e dalla forte componente strategica, oltre che con una trama capace di catturare l’attenzione per trenta e più ore. Certo i problemi restano, e a quelli tecnici man mano si affiancano anche alcune scelte di design difficilmente condivisibili che rendono ancora più palese, semmai ce ne fosse bisogno, come ormai il genere soffra di una crisi di identità dalla quale ancora stenta a tirarsi fuori.


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