

La trama in poche parole. In una prigione spaziale ai confini del creato, una gaudente comunità di super criminali viene sconvolta dall’arrivo di un misterioso detenuto (Lamber Wilson) dotato di esoterici poteri, tra i quali spicca in particolare la strabiliante abilità di non proferire mezza parola per tutta la durata del film. Nell’immobilismo generale e tra la costernazione dello sfortunato pubblico in sala, il nostro eroe si barcamenerà tra estrazioni di metafisici “mostri-polpo” dai corpi dei propri compagni e scazzottate con l’immancabile capo branco invidioso e ottuso, per giungere infine all’incomprensibile ma liberatorio finale. E’ difficile capire cosa volesse realizzare il regista con questo suo film: tra continui riferimenti messianici ed elucubrazioni su nanomacchine e libero arbitrio, la pellicola ambisce ad elevarsi ad uno status quasi filosofico, ma alla prova dei fatti risulta avere lo stesso spessore intellettuale di una scimmia sparata nello spazio. Ovvero un’idiozia totale.
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