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giovedì 12 giugno 2008

[Cinema] E venne il giorno

Tutto si può dire, tranne che gli Americani siano fortunati nei film. Negli anni hanno dovuto contrastare invasioni di alieni, rispondere ad attacchi terroristici, sopportare la devastazione causata da un’abnorme lucertola radioattiva e fare i conti con un gorilla gigante con il debole per le biondine. E questo solo citando i casi più eclatanti. Ma niente di quanto vissuto in passato poteva preparali per questa nuova, terribile minaccia. All’orizzonte, immobile, impassibile, ecco apparire la nemesi più terrificante. Il nemico più implacabile. Le piante.

Elliot Moore (Mark Wahlberg), professore con il pallino delle notizie improbabili, è nel mezzo di una sua lezione quando nella scuola piomba una voce sconcertante. Apparentemente, qualcuno o qualcosa è riuscito a sovvertire l’istinto di conservazione intrinseco della nostra specie, inducendo le persone a porre fine alla propria vita nei modi più brutali e truculenti possibili. Come una macchia d’olio, l’onda di suicidi si espande inesorabilmente e senza lasciare scampo, ed Elliot dovrà trovare, insieme alla moglie Alma (Zooey Deschanel), un modo per sfuggire da questa sorta di imperante e contagiosa follia collettiva. Messi con le spalle al muro, i due coniugi finiranno per piombare nell’America più isolata e bigotta e, nel massimo momento di difficoltà, ritroveranno quell’affiatamento e quel sentimento da lungo tempo sopiti.

Dopo una serie di film decisamente più introspettivi e intimistici, M. Night Shyamalan (Il sesto senso, Signs) approda anch’egli al genere catastrofico, rifacendosi a classici del passato quali L’invasione degli ultracorpi ma aggiornando il tutto con un tema molto in voga al momento quale appunto è lo stato del nostro pianeta e la difficile convivenza tra uomo e natura, ricordando indirettamente un’altra recente pellicola come L’alba del giorno dopo. Il regista di origine indiana dimostra ancora una volta di saperci fare eccome con la macchina da presa, mettendo in scena una prima frazione ad alto tasso ansiogeno, con lo spettatore sconcertato da questa inspiegabile serie di uccisioni e assediato anch’egli, esattamente come i protagonisti del film, da un nemico tanto implacabile quanto intangibile.

Peccato però che, una volta appurato che a causare tutto questo siano in effetti delle semplici piante, la tensione magicamente evapori come la mai troppo citata neve al sole, regalando di contro momenti di involontaria e dissonante comicità e mostrando inevitabilmente le pecche di una sceneggiatura appena abbozzata, e a poco serve in ultima analisi l’escamotage di situazioni e personaggi plasmati ad hoc per mantenere alto il livello di adrenalina di chi assiste in poltrona. Un’occasione sprecata quindi, un film che manca il bersaglio gettando fin troppo presto la maschera e rivelando così un volto che non potrà che lasciare interdetti tutti fan dell’una volta geniale cineasta indiano, ormai ufficialmente smarritosi in un mare di grigia mediocrità Hollywoodiana.

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