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venerdì 18 luglio 2008

[360] Rock Band




Finalmente. Dopo un incomprensibile ritardo dovuto a ragioni oscure ed imperscrutabili, Eletronic Arts ed MTV Games si sono decise infine a portare Rock Band in Europa (anche se, ahinoi, non in Italia..), offrendo così l’opportunità anche ai giocatori del vecchio continente di poter provare con mano il miglior music game dell’anno. Perché diciamolo subito, nonostante l’incremento esorbitante del prezzo degli strumenti avvenuto col cambio dollaro/euro, nonostante i sei mesi di ritardo accumulati dall’uscita americana, il gioco Harmonix si conferma ancora oggi come il miglior esponente del genere attualmente su piazza, un titolo in grado di mescolare alla perfezione party e music game in un mix esplosivo capace di regalare infinite ore di assoluto divertimento a chi avrà la fortuna di avere amici pronti a seguirlo nella formazione di una squinternata e improbabile band.


Per chi non suona in compagnia del solista vi è la via


Pur essendo sostanzialmente un’esperienza multiplayer, Rock Band offre comunque dei contenuti pensati esclusivamente per chi volesse optare per un approccio individuale al gioco. La carriera solista infatti prevede, sulla scia di quanto già visto in Guitar Hero, vari pacchetti di brani di crescente difficoltà, al termine dei quali passeremo ad esibirci in una nuova città con relativa inedita scaletta. A differenza del titolo in mano ora a Neversoft però, in Rock Band non avremo solo la carriera di chitarrista da intraprendere, ma anche quella di batterista e di cantante. Soprassedendo sul gameplay della chitarra, che non si discosta da quanto già apprezzato in GH se non per la presenza di un maggior accento riposto sugli assolo, con la possibilità di eseguirli interamente tramite tapping qualora si stesse utilizzando la chitarra ufficiale del gioco, prevedibili novità caratterizzano invece le altre due carriere percorribili dal giocatore. Intraprendere il ruolo di frontman comporterà essenzialmente il riuscire a prendere le giuste note di ogni brano, conformando la nostra voce alla tonalità del pezzo, con le parole a svolgere un ruolo soltanto marginale.

Non un karaoke quindi ma più una prova di intonazione, nella quale saremo coadiuvati da un’interfaccia molto simile a quella ammirata nel Singstar di casa Sony: unica differenza è la presenza di alcuni pezzi strumentali, durante i quali dovremmo battere a tempo sul microfono per riprodurre il suono di un tamburello o aggeggi simili. A fare la parte del leone però nella modalità solista è indubbiamente la batteria, vera new entry del gioco e strumento in grado di divertire pienamente anche in mancanza di compagnia. Dotato di quattro “piatti” e di un pedale per la cassa, la batteria segue spartiti dalla fattezze simili a quelli degli altri strumenti, offendo però un’esperienza decisamente più ritmica e coinvolgente grazie in particolar modo alla maggior rassomiglianza riscontrabile con lo strumento reale e al maggior dinamismo e impegno fisico richiesto. In ultimo va menzionato la presenza di avatar totalmente personalizzabili in ogni minimo dettaglio, dalla corporatura e luogo di nascita fino a vestiti, piercing e tatuaggi acquistabili mediante i soldi guadagnati con i nostri concerti.

Alla conquista del mondo

l vero cuore di tutta l’esperienza di Rock Band tuttavia risiede nella modalità World Tour. Qui, in compagnia di altri amici (fino a quattro insieme, con l’ultimo a dedicarsi al basso), una volta creati i propri personaggi e selezionata la città di partenza si passerà al fondare una band al principio sfigatissima, senza neanche mezzo fan e con soldi insufficienti persino ad affittare uno sgangherato pulmino. Iniziando a suonare nei locali più “intimi” e scaldando gli animi del pubblico con esibizioni convincenti però cominceremo ad avere ben presto il nostro seguito di appassionati e i primi guadagni, con l’opportunità anche di cimentarsi in sfida speciali dai premi più disparati, che vanno dall’acquisto del nostro primo bus privato all’assunzione di un tecnico del suono fino ad avere un intero jet al nostro servizio, mediante il quale potremo così andare a suonare nei festival e nei più grandi stadi del mondo. Ogni località avrà poi le sue particolarità, con i Londinesi a richiedere ad esempio una maratona di pezzi tipicamente british per essere conquistati, o serate dedicate al rock anni ’70 e altre ancora invece incentrate sul metal più incalzante. In tutto questo il gioco di squadra tra i membri della band non solo è incoraggiato, ma risulterà a dir poco fondamentale: l’utilizzo appropriato degli Overdrive (l’equivalente dello Star Power di GH) infatti non solo porterà a raggiungere punteggi apparentemente irrealizzabili, ma potrà salvare anche un compagno in difficoltà, riportandolo in pista qualora dovesse sbagliare troppe note, salvaguardando così non solo la sua prestazione ma quella dell’intera band, che di fronte ad una prestazione fallimentare perderà un nutrito gruppo di fan. Tutto questo inoltre è reso ancora più coinvolgente dalla possibilità di avere in scaletta brani scaricati dal Music Store, aggiornato di settimana in settimana con nuovi brani e vecchie glorie del passato: Oasis, Red Hot Chili Peppers, Disturbed, Avenged Sevenfold, Metallica sono solo alcuni nomi di un catalogo a dir poco sterminato, una libreria di brani che annichilisce per varietà e qualità qualsiasi concorrenza. La possibilità di cimentarsi nei propri pezzi preferiti, il grande feeling di gruppo, la perfetta riproduzione del pubblico e dell’atmosfera di un concerto sono tutti elementi che fanno dell’esperienza multiplayer di Rock Band qualcosa di unico, un sogno per tutti coloro che hanno sempre voluto cimentarsi nella creazione di una band ma non hanno mai avuto la voglia, la pazienza o l’opportunità di apprendere un vero strumento.

Ma quanto mi costi?

Snocciolati tutti i punti di forza di Rock Band, è ora di passare alle noti dolenti, che si potrebbero riassumere in un'unica e temutissima parola: il prezzo. Il gioco nella sua versione europea costa davvero uno sproposito. Il prezzo ufficiale di strumenti e gioco infatti si aggira sui 240 euro, una somma con la quale al momento si potrebbe acquistare una console X360: andando a rivolgersi verso negozi specializzati d’oltre manica la spesa può scendere fino a 190 euro circa per il tutto compreso, ma resta sempre una cifra incredibilmente quanto inspiegabilmente lontana dai 160 dollari della versione americana. Inoltre c’è da segnalare come nessuno degli strumenti del gioco sia wireless e di come la chitarra del gioco offra meno solidità e comfort rispetto a quella, per di più senza fili, di Guitar Hero III: ottimi invece microfono e batteria, anche se per ques’ultima è consigliata un po’ di cautela nell’utilizzo del pedale, il quale essendo di plastica potrebbe rompersi se sollecitato con eccessiva foga.

Commento finale

Rock Band è il perfezionamento della lunga e gloriosa carriera di Harmonix nell’ambito dei giochi musicali. Dopo aver sfornato i primi due Guitar Hero infatti, questo riuscito connubio tra programmatori e musicisti ha dato la luce a quella che può essere vista come la naturale evoluzione della loro serie precedente, ampliando quanto fatto per la chitarra a tutta un’intera band rock. Il risultato è un music game strepitoso, capace di coinvolgere anche i meno portati alla musica grazie ai diversi livelli di difficoltà presenti e al grande divertimento derivante dal suonare con degli amici. Una realizzazione grafica pregevole, personalizzazione del proprio avatar e una sconfinata libreria di brani tra i quali scegliere sono elementi che non fanno altro che arricchire ulteriormente il valore complessivo di Rock Band, consacrandolo come il migliore esponente del suo genere attualmente sul mercato. Peccato soltanto per il prezzo esorbitante delle periferiche e della mancata pubblicazione qui nel nostro bel paese, due elementi che pregiudicano in larga parte la fruibilità del titolo da parte del grande pubblico nostrano.

giovedì 17 luglio 2008

[360] Ninja Gaiden II


Nella stanza regna un silenzio surreale. Madido di sudore, aguzzo la vista, allerto tutti i miei sensi pronto a scattare come un felino al primo pericolo, mentre digrigno i denti dalla tensione. E’ un attimo. Da un angolo spunta un nugolo di nemici. Nell’aria inizia una vorticosa danza fatta di arti mozzati e ululati di dolore, mentre quadri scarlatti vengono dipinti sulle pareti. La vittoria sembra mia, ma non è così. Da terra qualcosa mi cinge le gamba, una vittima della mia indiscriminata macelleria ancor respira. Si avvinghia a me. Esplode. Game Over.
Ora sono io, seduto sulla sedia di casa mia, ad urlare, a proferire parole indicibili, a maledire il nome di Itagaki e di tutta la sua cricca. Poi mi calmo, prendo un lungo respiro, e riparto. Perché questo, signori, è Ninja Gaiden 2. E se non siete pronti ad impegnarvi come forsennati, a mangiare quintali di polvere prima di riuscire a dominare voi stessi e tutti i segreti dell’arte di un vero ninja, beh allora quello che seguirà non vi piacerà affatto. Per tutti gli altri, affilate pure la katana e tenetevi pronti. Ryu Hayabusa è tornato.

Dov’è la principessa? Ragazzi io senza una principessa da salvare non mi muovo da qua

Il primo Ninja Gaiden fu probabilmente uno dei migliori giochi disponibili per l’originale Xbox, stupendo il pubblico con una grafica al tempo fuori parametro, un sistema di combattimento profondo e appagante e un livello di sfida elevatissimo. Proprio l’estrema difficoltà del gioco risultò il vero spartiacque del titolo, che fu amato alla follia da giocatori più “hardcore”, se così vogliamo chiamarli, ma che fu allo stesso tempo ignorato ed evitato dall’utenza meno appassionata, scoraggiata sin dalle prima battute dall’ostico approccio al gioco. Consci di come questo pregiudicasse la diffusione del titolo a bacini d’utenza più ampi, Itagaki e il suo Team Ninja hanno così deciso di semplificare, almeno all’apparenza, un po’ le cose, presentando sin da subito la possibilità di scegliere un livello di difficoltà più agevole e modificando al contempo alcune meccaniche di gioco. Così, una volta scelto il livello di sfida più adatto alle nostre capacità, ecco che subito veniamo catapultati in mezzo all’azione senza troppi fronzoli, anche perché sulla trama e sui suoi personaggi non è che il gioco ci si soffermi molto. Volendo accennarla un attimo, diciamo che non si sa per quale motivo, probabilmente noia, il solito gruppo di malintenzionati è deciso a distruggere il nostro pianeta evocando l’immancabile megamostro super potente, con noi a dover fermare loro e tutta l’accozzaglia di relativi demoni facendo conto, ovviamente, soltanto sulle nostre forze (una mano in questi casi mai eh). Preparatevi quindi ad affrontare lupi mannari senza museruola a zonzo per Venezia o ninja ed effeminati demoni con base situata dentro la Statua della Libertà. Qualcuno cantava “ci vuole pelo sullo stomaco”.

A quanto me lo fai al kilo il ninja? No troppo, dammi quel cosciotto di demone va

Ma torniamo alle meccaniche di gioco. Pad alla mano, la prima novità che salterà subito all’occhio è l’estrema velocità degli scontri con i nemici, che rispetto al passato adotteranno una condotta molto più aggressiva, optando quindi per un’offesa continua al posto di una tattica più ragionata e attendista. Questa è una strada volutamente intrapresa dallo stesso Itagaki, che ha dichiarato che le continue guardie degli avversari del primo Ninja Gaiden spezzavano troppo l’azione, mentre lui al contrario con questo seguito ha voluto conferire al tutto un fluire assai più snello e adrenalinico. Ma non crediate che per questo il gioco si sia trasformato in uno decerebrato “smanettone”. Anzi, i continui attacchi dei nemici costringeranno il giocatore a fare ben presto la conoscenza di tecniche come la parata, la schivata e il contrattacco, azioni tutti essenziali per avere la meglio sui nutriti gruppi di ninja e demoni che andremo ad affrontare e per aprirsi un varco per portare infine i nostri affondi letali. L’altra rilevante novità di gameplay risiede nella possibilità di amputare gli arti dei nemici, azione non soltanto dall’evidente risvolto scenico (Ninja Gaiden raggiunge livelli di violenza probabilmente unici), ma che al contrario influirà pesantemente anche sulla condotta dei nostri avversari.

Un nemico in questo stato infatti sarà paradossalmente ben più pericoloso di uno con braccia e gambe ancora al suo posto: ormai prossimo alla morte infatti egli non si farà scrupoli ad utilizzare le tecniche più folli ed autolesioniste, come l’avvinghiarsi addosso a noi e lasciarsi esplodere in ultimo grande fuoco d’artificio. Grande attenzione quindi dovrà essere dedicata all’eliminazioni di questi simpatici moribondi, che potremmo giustiziare con una decapitazione e truculenze varie premendo semplicemente il tasto Y. Infine, ultimo ma non per questo meno importate, il gioco offre una varietà di armi d’avvero impressionante e la possibilità di migliorarle in brevissimo tempo, tanto da poter raggiungere il livello massimo con la katana (l’arma di base) già dal secondo schema di gioco. Questo ovviamente non farà altro che incentivare il giocatore a provare tutti gli strumenti di distruzione a sua disposizione, ognuno con la sua nutrita serie di combo da padroneggiare e con particolari punti di forze e debolezza. Tra falci, bastoni lunari, artigli affilati, manganelli e altre diavolerie c’è davvero l’imbarazzo della scelta, con Ryu a trasformarsi in men che non si dica in un’autentica macelleria ambulante, con i nemici a prestarsi il più delle volte al ruolo di povere vittime pronte alla mattanza.

Strignilo..zummolo…damme ‘a quattro. T’ho detto damme ‘a qua
ttro!

Purtroppo però non sono tutte rose, fiori e decapitazioni per Ninja Gaiden 2. Il titolo ha, ahinoi, i suoi difetti, con in particolare un paio a farsi sentire davvero tanto ed ad incidere negativamente un po’ su tutta l’esperienza di gioco. Il più eclatante tra questi è indubbiamente la telecamera e il suo posizionamento, che incredibilmente sarà sempre, e dico sempre, sbagliato, ostinandosi ad inquadrare di tutto tranne che l’azione e i nemici da un’angolatura minimamente accettabile. Il fatto che la telecamera sia posizionabile immediatamente alle spalle di Ryu tramite la pressione del grilletto destro risolve soltanto in minima parte il problema, con il giocatore che a conti fatti dovrà vedersela costantemente con due diversi avversari: quelli presenti di volta in volta su schermo e il folle regista dal gomito sin troppo facile appostato dietro le quinte. E’ difficile esprimere, mantenendosi su toni civili, la frustrazione derivante dal dover affrontare un boss particolarmente ostico mentre la telecamera fa di tutto per nasconderci non solo i suoi attacchi ma persino la sua stessa posizione, con il giocatore quasi ad implorare di ricevere ogni tanto un’immagine accettabile di quanto sta avvenendo sul suo televisore. Altro elemento a discapito del titolo Tecmo è che è frustrante, maledettamente frustrante. Nonostante l’apporto di alcuni accorgimenti inseriti per aiutare il giocatore (citiamo in questo senso i molti save point presenti e il fatto che buona parte della nostra energia ci venga restituita a fine scontro), il gioco presenta ancora passaggi di rara difficoltà, eccedendo spesso in mosse “cheap”, ovvero escamotage apparentemente studiati ad arte per alzare forzatamente il livello di sfida: alcuni esempi a riguardo possono essere talune mosse dei boss finali dal danno a dir poco spropositato, che spesso per di più avverranno sotto forma di prese imparabili e difficilmente evitabili. La frustrazione non deriva quindi soltanto dalla difficoltà in sé e per sé, ma dalla sensazione che a volte si muoia non per propri errori, ma per una commistione di fattori al di là del nostro controllo.

Infine un accenno al comparto grafico. Ninja Gaiden 2 usufruisce probabilmente delle migliori animazioni mai viste in un gioco del suo genere, dando a Ryu un dinamismo e una fluidità impareggiabili e riuscendo nel difficile tentativo di unire la leggiadria e la grazia dei ninja ad una efferata brutalità, creando così un mix distonico ma estremamente riuscito. Per il resto, il Team Ninja ha proseguito imperterrita con la sua scelta grafica di optare, a fronte di un impiego di poligoni sicuramente notevole, per una scarsezza di effetti speciali alquanto anacronistica, che coniugata ad una scelta di texture decisamente monocorde conferiscono al look del gioco un sapore artefatto, finto, quasi di plastica. Il che, come detto, è proprio nello stile di Itagaki e compagni. Apprezzabile o meno, quello che è certo è che il titolo non stupirà come il suo predecessore dal punti di vista tecnico, allontanandosi dalle vette grafiche di queste generazione anche a causa di qualche piccola ed occasionale sbavatura nel framerate.


Commento finale

Ninja Gaiden 2 è esattamente come il suo creatore e padre spirituale Tomonobu Itagaki. O si ama o si odia. A fronte infatti del miglior sistema di combattimento mai realizzato per un action game e ad un livello di sfida sempre ai massimi livelli, abbiamo una gestione della telecamera davvero lacunosa ed irritante ed una certa ripetitività di fondo. C’è chi troverà i vari boss di fine livello estremamente agguerriti e stimolanti e chi invece ne recriminerà l’abuso di tecniche a suo avviso scorrette; di fronte alle difficoltà sempre crescenti alcuni troveranno lo stimolo per superarle, altri getteranno esasperati la spugna. Nonostante il tentativo di avvicinarsi ad un pubblico più variegato, una volta tirate le somme Ninja Gaiden 2 dimostra di essere indirizzato ancora una volta a quelli che avevano già amato alla follia il primo capitolo. Se affrontare decine di volte uno stesso passaggio alla ricerca della giusta strategia non vi spaventa, se siete pronti ad impiegare ore ad imparare tutte le tecniche e le combo indispensabili per avere la meglio sugli avversari più coriacei non vi fa vacillare, allora fatevi avanti. Altrimenti il consiglio è voltare lo sguardo verso un prodotto più accessibile.


domenica 13 luglio 2008

[Cinema] Hellboy - The Golden Army

Un’antica legge incisa su metafisiche quanto incorruttibili tavole della verità recita che esistono due tipi di film a questo mondo. Le pellicole d’autore, opere di ingegno e passione mosse esclusivamente da sincero spirito creativo e amore per l’arte e la sua espressione, e i blockbuster, produzioni ciclopiche ad imperante stampo statunitense animate e caratterizzate da fini ben più materiali, e destinate di conseguenza ad un fugace quanto indiscriminato consumo di massa. Così è scritto. O almeno lo era fino ad oggi. Evidentemente infatti al regista Guillermo Del Toro (Cronos, Il labirinto del fauno) non piacciono né le regole né le banali classificazioni, e con Hellboy – The Golden Army realizza un mirabile ibrido, un film capace di far esplodere, grazie anche alle ingenti risorse stanziate per il progetto, tutta la sua visionaria fantasia, dando alla luce un mondo composto da strabilianti mostri e sinistri folletti e pervaso costantemente da una pungente quanto genuina ironia.

Salvato una prima volta il mondo nel film d’esordio, per Hellboy (Ron Perlam) non c’è mai un attimo di tregua. Come se non bastassero infatti le esplosive baruffe con la sua focosa compagna Liz (Selma Blair), il nostro improbabile eroe dovrà farsi di nuovo carico della salvezza dell’umanità, minacciata questa volta dall’ira del nobile Nuada (Luke Gross), principe elfico intenzionato a porre fine una volta per tutte al dominio dell’uomo sulla terra grazie all’impiego di un inarrestabile esercito di soldati d’oro. Sebbene banale nelle premesse, la trama nel suo svolgimento si rivela ben più complessa di quanto inizialmente appaia, offrendo in particolare dei personaggi dall’inaspettata caratterizzazione psicologica. Ne è un esempio proprio lo stesso principe Nuada, che pur rivestendo l’immancabile ruolo del cattivone di turno resta allo stesso tempo mosso da desideri nobili e facilmente comprensibili, come possono essere quelli di salvare il suo stesso popolo dall’estinzione e il ridare alle creature fantastiche un posto sulla terra, terra che invece è governata, umiliata e impunemente sfregiata dalla razza umana. E ancora, il rapporto simbiotico tra l’efebico antagonista e la sua candida sorella Nuala (Anna Walton), i dubbi dello stesso Hellboy sul suo operato, col suo animo ad essere combattuto tra il volere difendere l’umanità ma allo stesso tempo ferito dal disprezzo che quest'ultima non manca di palesare nei suoi confronti. Insomma, pur non discostandosi troppo nello svolgimento dai ritmi e dall’incedere di un classico popcorn movie, la pellicola offre al contempo vari spunti di riflessione, che coniugati ai continui e riusciti siparietti comici donano alla trama una dignità e una statura di tutto rispetto.

Promosso quindi per quanto riguarda l’intreccio narrativo, altrettanto positivo non può che essere il giudizio sull’impatto visivo e sulle fasi prettamente action. Guillermo del Toro riesce infatti, con una naturalezza a dir poco disarmante, a sposare forza e grazia in un armonioso e incantevole matrimonio, allestendo scene d’azione adrenaliniche e mozzafiato ma allo stesso tempo anche poetiche, rigate da una sottile vena di malinconia e avvolte da un’aura, da una bellezza dal sapore quasi decadente. Menzione particolare poi meritano le creature presenti nel film, che ricalcando un po’ le tonalità da fiaba grottesca già apprezzate nel Labirinto del fauno, stupiscono e ammaliano lo spettatore con le loro forme irregolari eppure piene di fascino, incantevoli e insieme terrificanti. In ultimo non ci si può esimere dal lodare l’ottimo lavoro interpretativo di tutto il cast, con in particolar modo Ron Perlam e Dough Jones (alias Abraham) a formare un duo comico davvero irresistibile, al quale si affiancherà in corso d’opera la new entry dell’eccentrico dottor Krauss, animato nella versione originale dalla voce di uno strepitoso Seth Macfarlane.

Hellboy – The Golden Army è quindi quello che non ti aspetti. Entri nel cinema convinto di trovati davanti il solito action movie estivo tutto effetti speciali e personaggi di plastilina e ne esci invece sorpreso e felice, perché in fin dei conti ti sei appena visto una delle più belle pellicole di questo 2008 e, volendo spingersi oltre, probabilmente anche uno dei più folli, visionari e divertenti film d’azione di tutti i tempi.

domenica 6 luglio 2008

[Cinema] Rogue il solitario

Quando il suo collega viene brutalmente assassinato insieme alla moglie e alla figlia dallo spietato e misterioso killer Rogue (Jet Li), l’agente dell’FBI Jack Crawford (Jason Statham) giura sulla loro tomba di trovare l’inafferrabile assassino e di vendicare con le sue stesse mani la morte del suo migliore amico. Ma Rogue è come un fantasma, o almeno resta tale fino a quando non ricompare tre anni dopo per infiammare una sanguinosa guerra per il territorio e l’onore tra Chang (John Lone), capo della Triade, e il suo rivale Shiro (Ryo Ishibashi), il temutissimo boss giapponese della Yakuza. Desideroso di chiudere i conti con Rogue una volta per tutte, Crawford si troverà così nell’occhio del ciclone, ma ben presto tutte le sue convinzioni e certezze sul suo acerrimo nemico andranno dissolte come sabbia nel vento, rivelando una realtà ben aldilà di ogni più fervida immaginazione.

Impossibile negare che le aspettative per Rogue Il Solitario fossero alte, almeno rispetto a quelle che di solito accompagnano l’annuncio di un film del genere. Da una parte infatti abbiamo Jet Li, che negli anni si è scrollato di dosso la riduttiva denominazione di erede di Jackie Chan, dimostrando in film come Fearless e Hero di essere non soltanto un formidabile atleta e un esperto di arti marziali unico nel suo genere, ma anche un attore capace e preparato. Dall’altra parte della barricata invece c’è il Bruce Willis del nuovo millennio, quel Jason Statham in grado di guadagnarsi in pochissimo tempo uno status quasi di culto per gli appassionati dell’action, stupendo tutti con le sue esuberanti interpretazioni in The Transporter o lo strepitoso Crank. Dallo scontro/incontro tra questi due pesi massimi era facile aspettarsi qualcosa di epocale, e invece il risultato è un film che difficilmente lascerà un segno, se non come una grande occasione sprecata.

Innanzitutto la regia. L’esordiente Philipg G. Atwell sembra far fatica a discernere un lungometraggio dall’ennesimo video di Eminem o 50 Cent, infarcendo la sua pellicola di veloci spostamenti di camera e cambi di inquadrature, donando al tutto l’estetica patinata e il ritmo tipici di un videoclip Se questa impostazione nelle fasi più statiche sembra anche funzionare, nelle scene action invece risulta a dir poco deleteria, col regista a perdersi letteralmente per strada spettacolari coreografie e pregevoli (quanto sparute) tecniche di arti marziali pur di imprimere ovunque la sua griffe, col risultato di vanificare così il lavoro di stuntman e coreografi. Ed è proprio l’azione il grosso tallone d’Achille di tutta la produzione, tanto che a conti fatti è la trama a risultare, con sorpresa di tutti, la cosa migliore della pellicola. Una volta infatti apprezzato l’intento di offrire un intreccio narrativo difforme dai soliti copioni e con un colpo di scena di sicuro effetto, quello che resta è davvero poco, col film a proporre continue e tediose sparatorie, intramezzate qua e là da qualche fugace inseguimento e da scazzottate degne di un qualsiasi film action all’amatriciana, lasciando così nella disperazione più totale chi si aspettava, giustamente, di vedere impegnati al massimo le due già citate star.

Insomma può esistere un action movie con Jet Li senza che questo dia almeno un calcio volante o faccia qualche acrobazia folle delle sue? La risposta, purtroppo, è un si colmo di tristezza e costernazione.

sabato 5 luglio 2008

[360] Bullet Witch

2013 D.C. L'umanità è sull'orlo dell'estinzione. Un esercito di terribili mostri appare sulla terra.. Ma quando ormai i pochi superstiti sono pronti ad accettare la fine della civiltà, ecco che appare una donna, vestito di nero e dotata di poteri magici e di un'arma letale. Il suo nome... Alicia.


Prese direttamente dal retro della custodia del gioco, queste le premesse del nuovo gioco dei ragazzi giapponesi di Cavia, che dopo i due Drakengard pubblicati sotto etichetta Square Enix tornano al genere degli action game con questo Bullet Witch. Nel gioco saremo ai comadi della ultra sexy Alicia, giovane strega dall'avvenenza a dir poco straripante e dotata di una curiosa scopa-mitragliatore (l'apoteosi del trash) con la quale andremo a crivellare centinaia di demoni, aiutati in questo anche dagli immancabili poteri magici a nostra disposizione. Pur cercando di attirare l'attenzione del giocatore con rivelazioni e colpi di scena, la trama in Bullet Witch ha un ruolo davvero marginale nell'economia del titolo, finendo per essere relegata a brevi cut-scene all'inizio di ogni livello atte a giustificare, almeno nelle intenzioni degli sviluppatori, la nostra presenza in quel luogo e la conseguenza mattanza di zombie e altre mostruosità.


Archiviata la trama come ampiamente dimenticabile, il gioco mostra il meglio (e il peggio di se) una volta che si passa all'azione. Diviso in sei livelli dall'andamento estremamente lineare, Alicia si farà strada tra essi uccidento qualsiasi cosa incontrerà sul proprio cammino, sbloccando man mano il passaggio attraverso l'uccisione di determinati nemici e il conseguente abbattimento di muri invisibili (qui giustificati come barriere psichiche), e ricevendo a fine livello una valutazione e relativi punti esperienza. Eh si, punti esperienza. Bullet Witch infatti offre anche una spruzzatina di elementi rpg e di personalizzazione della nostra streghetta, permettendo con i punti accumulati in combattimento di acquistare abilità o potenziare quelle già in nostro possesso, che vanno da nuove magie a più efficaci modalità di fuoco per la nostra scopa. L'arma di Alicia pertanto, oltre ad essere una letale mitragliatrice, può essere impiegata dunque anche come shotgun (micidiale negli scontri ravvicinati), come arma anticarro dotata di utilissimo zoom e infine come gatling gun, mitragliatrice dal calibro pesante capace di causare enormi danni al prezzo di un elevato consumo di energia magica.


Già, l'energia magica. Come ogni strega che si rispetti infatti Alicia è in grado di lanciare vari incantesimi, che vanno dall'aggiungere poteri magici alle armi in suo possesso a rose in grado di dilaniare interi gruppi di nemici con le proprie spine fino ad immani tornadi e terrificanti fulmini distruttivi. Sono proprio gli incantesimi ad aggiungere profondità ed un elemento di originalità al gameplay di Bullet Witch, introducendo così situazioni innovative e discretamente appaganti. Grazie ad una fisica abbastanza sviluppata saremo ad esempio in grado di usare l'ambiente come un'arma a nostro favore, lanciando contro i nemici macchine ed enormi camion grazie all'incantesimo Volontà (la classica onda telecinetica), facendo crollare interi palazzi su schieramenti di demoni grazie ad una pioggia di meteoriti o evocare uno stormo di corvi per tormentarli, concedendo al giocatore la possibilità di abbaterli indisturbato e al riparo da rappresaglie.


Se quindi sia il sistema di magie che la parte shooter del gioco (gestita come un action in terza persona) offrono sensazioni indubbiamente positive, il titolo Cavia presenta un volto assai meno invitante una volta preso in esame il level design e l'intelligenza artificiale dei nemici. Come già accennato in precedenza, il gioco soffre di una smaccata linearità (che comunque non impedirà di tanto in tanto di perdersi per strada), presentando di fatto una serie di hub da liberare completamente dai nemici prima di poter accedere al prossimo e non riuscendo praticamente mai ad introdurre elementi di novità o di rottura dalla solita routine, con l'unica eccezione rappresentata dai soli 2 boss presenti nel gioco. A peggiorare la situazione inoltre abbiamo una diversificazione dei nemici ridotta ai minimi termini, con tutta l'avventura a presentare giusto una manciata di creature differenti, al quale si accompagna il difetto forse ancora più grave di un'intelligenza artificiale (ma forse sarebbe meglio chiamarla deficienza) davvero imbarazzante, con nemici che spesso andranno ad incastrarsi in muri o altri elementi dello scenario, o che ancora resteranno inspiegabilmente immobili e inoperosi sotto la pioggia dei nostri proiettili.


Tecnicamente Bullet Witch è un gioco discreto, consideranto anche l'anno di uscita (2006). A fronte di ambienti abbastanza spogli e nemici realizzati con un numero non proprio esorbitante di poligoni, abbiamo una piena interazione con lo scenario, esplosioni ed effetti magici/atmosferici altamente spettacolari e coreografici e, cosa più importante, un'eroina la cui sensualità non ha probabilmente rivali nel mondo e nella storia dei videogiochi. Dotata di una figura snella e di lunghe gambe sinuose, vedere ancheggiare Alicia mentre con la sua scopa-mitra porta morte e distruzione sul campo di battaglia è una visione quasi ipnotica, e assistere ai suoi ginnici volteggi e spaccate a mezz'aria è un qualcosa che potrebbe causare più di qualche imbarazzo. Se a questo aggiungiamo una serie di costumi aggiuntivi rilasciati da Cavia e scaricabili gratuitamente, che vanno dalla classica tenuta da studentessa giapponese con immancabile minigonna ad una succinta mise da pseudo segretaria, con tanto di occhialetti, camicetta sbottonata, gonna inguinale, calze a rete e tacchi vertiginosi, beh probabilmente capirete qual'è alla fine la maggior attrazione di questo gioco.


Tirando le somme, Bullet Witch è un gioco mediocre. Nonostante delle buone idee, il gioco soffre di pesanti problemi di level design e di intelligenza artificiale, che coniugati con una longevità davvero esigua fanno del titolo Cavia un'esperienza destinata a soddisfare solamente una ristretta cerchia di appassionati. Se quindi amate il trash, combattere soldati zombie e adorate le minigonne e le eroine sexy, Bullet Wich potrebbe essere un'esperienza adatta a voi. Se al contrario cercate un gioco solido e curato sotto ogni aspetto, statene assolutamente alla larga. Ma di parecchio.