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venerdì 12 marzo 2010

[360] Tomb Raider: Underworld


A due anni dall'uscita del Legend, Tomb Raider: Underworld continua le vicende narrate dal prequel, con Lara ancora sulle tracce della madre scomparsa e intenzionata una volta per tutte a trovare la fantomatica Avalon, luogo appunto ove dovrebbe trovarsi l'amata genitrice. Crystal Dynamics torna per la seconda volta quindi a cinementarsi con le funamboliche gesta della signorina Croft dopo il buon reboot della serie avvenuto con il Legend, mantenendone invariati i fondamentali e tentando di inserire qui e là qualche nuova meccanica di gioco.

Come già accenato la trama di questo Underworld è l'esatta continuazione del capitolo precedente. Dopo aver scoperto che la madre creduta morta per anni è in realtà viva e confinata in questa dimensione parallela chiamata Avalon, Lara si imbarca subito alla ricerca di un modo per raggiungerla, e questo la porterà ad imbattersi in potenti manufatti creduti fin'ora esistenti solo nei miti e nelle leggende, oltre che a scontrarsi con alcune vecchie conoscenze del passato come la rediviva Amanda Evert e l'inossidabile Jacqueline Nata. Analogamente a quanto sperimentato nei precedenti episodi, anche qui il tessuto narrativo si rivelerà ben presto ben poca cosa, ritagliandosi un ruolo piuttosto marginale nell'economia del gioco. Anche così però alcune scene d'intermezzo non mancheranno di intrattenere, specie quelle che vedranno Lara alle prese con un'incredibilmente familiare avversaria.


A livello di game design il gioco risulta sostanzialmente invariato, con Lara a dover di volta in volta trovare la via giusta per procedere, con l'esplorazione delle varie ed ampie ambientazioni ad avere la precedenza su enigmi e puzzle varie. E' qui che a mio avviso il gioco dà indubbiamente il meglio di sè, ricreando magistralmente la sensazione di solitudine, di disvelazione nell'addentrarsi in rovine dimenticate da secoli, in una cornice composta da silenzio, mistero e splendide architetture risalenti ai primordi della civiltà umana. Per non essendo in realtà un mostro di tecnica, anzi tutt'altro, questo nuovo Tomb Raider riesce comunque ad ammaliare l'occhio del giocatore con scenari dal grande potere evocativo, che vanno da antiche costruzioni maya immerse in una fitta vegetazione ad algide rovine cosparse di candida neve. Una menzione particolare mi sento di farla per le ambientazioni subacque, che oltre ad aver trovato visivamente molto riuscite si sono rivelate anche incredibilmente solide in quanto a gamplay, sfatando il mito che vuole le sezioni subacque di ogni gioco ludicamente orribili per antonomasia.


Insomma, nonostante sia sempre una alla fine la via per proseguire, Underworld riesce perfettamente nel suo illusionismo di calare il giocatore nei panni di una Lara sola ed isolata da tutto, alle prese con un ambiente vergine, incontaminato, affascinante quanto misterioso e potenzialmente pericoloso. Peccato quindi che, nonostante i comandi risultino piuttosto reattivi, a mettere un po' i bastoni tra le ruote accora una gestione della telecamera virtuale sinceramente pessima, capace con le sue strampalate inquadrature di rendere alcuni passaggi più ostici di quanto in realtà siano e rivelandosi come prima vera causa di morte per la nostra sventurata archeologa. E in un gioco dove la precisione e la concatenazione di diversi salti ed acrobazie è fondamentale, questo risulta decisamente fastidioso, ed evita di sfociare nel disastro più totale solo grazie ad un ottimo sistema di checkpoint che salvano in buona parte la situazione.


Altri coni d'ombra dell'opera Cystal Dynamics sono i combattimenti, che volendo usare un giudizio trachant si potrebbero definire semplicemente orribili: intelligenza artificiale dei nemici ridicola e vetusto sistema di lock-on automatico sono i cardini di un'archittettura fallimentare alla quale la novità di poter combattere corpo a corpo aggiunge davvero poco o nulla. Insomma sarebbe il caso di prendere una decisione a riguardo. Se i combattimenti sono una parte fondamentale dell'esperienza Tomb Raider (e personalmente non lo so affatto), sarebbe anche giunta l'ora, arrivati all'ottavo capitolo della serie, di imbastire un gameplay di un certo livello a riguardo, magari prendendolo in prestito un valido impianto già in uso da altri titoli (come ha fatto Uncharted ad esempio). Altrimenti bando ai nemici, che oltre a non aggiungere nulla finiscono per deturpare, per quanto mi riguarda, anche l'esperienza di gioco complessiva, squarciando brutalmente quel velo di Maya intessuto di stupore e mistero.


Nonostante i difetti elencati negli ultimi paragrafi, Tomb Raider: Underworld resta un'esperienza assolutamente godibile e anzi consigliata a tutti, visto anche il prezzo risibile al quale è ora possibile recuperare il gioco. Affianco ad un dimenticabile sistema di combattimento e ad una regia virtuale a dir poco frustrante si ergono infatti un level design di ottima fattura, capaci di regalare un'esperienza unica quanto autentica fatta di tentativi e numerosi errori, di ginnici e ipnotizzanti volteggi, di giganteschi puzzle ambientali e maestosi anfratti marini tra i quali immergersi. Nei suoi ritmi pacati e nei lunghi silenzi delle sue architetture, Tomb Raider: Underworld è capace di regalare un'esperienza di gioco singolare, distante ed avulsa allo schiamazzo a al botato di spari ed esplosioni tanto comuni quanto cari all'usuale offerta videoludica dei giorni nostri.

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