Have an account?

lunedì 16 febbraio 2009

[Cinema] Il Primo Respiro


E’ una storia vera. L’abbiamo vissuta tutti. Succede da sempre. Anche adesso, in questo preciso istante. Avviene simultaneamente ai quattro angoli del mondo. E’ una storia che si ripete 364.501 volte al giorno. E’ la storia della nostra nascita.

Il primo alito di vita emesso nel mondo esterno. Il primo sferzante raggio di luce ad accarezzare i nostri occhi ancora ignari. E’ la nascita il tema del nuovo lungometraggio di Gilles De Maistre, che abbandona brevemente il palcoscenico televisivo per portare sul grande schermo un documentario lirico e toccante, la cui realizzazione ha richiesto due anni di pianificazione e riprese e un pellegrinaggio incessante attraverso tutti e cinque i continenti del nostro pianeta. Il regista francese, tramite il suo sguardo curioso e indagatore, ci prende per mano, mostrandoci il miracolo della nascita attraverso il travaglio di dieci donne i cui destini e condizioni geografiche e sociali non potrebbero essere più diverse.

Si passa così dal parto in acqua in compagnia del brioso canto dei delfini tra le placide onde del mar del Messico alla minuta ma tenace ragazza siberiana, costretta dagli oltre cinquanta gradi sotto zero della sua terra ad abbandonare momentaneamente la sua comunità di nomadi per partorire al sicuro, tenuta al caldo dalle quattro mura di un ospedale sperduto ai confini del mondo. E ancora, faremo la conoscenza di una giovane genitrice indiana, divisa tra la felicità per la nuova nascita e il crudo calcolo di quanto possa essere sconveniente avere una figlia in una società a forte e indiscutibile impronta maschilista. Scegliendo come trait d’union di realtà e culture tanto diverse un fenomeno della natura estremamente raro come un eclissi solare totale, il regista francese sonderà ogni parto senza la minima restrizione, svincolandosi dal comune, e probabilmente bigotto, senso del pudore per rivelarci con forza tutta la bellezza della natura nel suo momento più alto, quello delle fioritura, dello sbocciare di una nuova, unica ed irripetibile esistenza.

Pochi o nessuno gli orpelli presenti. Il film è con leggerezza narrato dalla profonda voce di Isabella Ferrari, il cui caldo timbro ci presenterà con soave leggerezza le varie situazioni nella loro essenzialità, lasciando alle immagini il compito di dar vita a queste storie attraverso gli sguardi, le espressioni, i sorrisi, le rughe di ognuno di questi straordinari attori naturali. Se c’è da riscontrare una forzatura è nel voler promuovere, in maniera neanche troppo velata, una sorta di superiorità del parto naturale rispetto a quello con assistenza medica, promulgando con decisione un ritorno alla liricità delle origini rispetto al fredda gestione di una odierna realtà ospedaliera.

E’ un messaggio promosso a gran voce per tutta la durata della pellicola, durante la quale si contrappongono la poesia e lo stupore di nascite avvenute ai piedi del Kilimangiaro o tra le caleidoscopiche onde del mare a disumani parti stile catena di montaggio ambientati nello squallore del più grande centro per l’infanzia del Vietnam. Ma è un appello che sa di pretestuoso e che non mancherà di causare sconcerto nelle menti meno suggestionabili. Il voler lasciare fare alla natura il suo corso non dovrebbe di per sé escludere una sacrosanta e dovuta assistenza medica e alcuni episodi, come quello della donna canadese arrivata quasi a perdere la vita pur di partorire in casa, o quello della giovane tuareg il cui figlio perirà a telecamera accesa, non potranno che causare del genuino e inquietante sconcerto, chiedendosi fino a dove sia lecito spingersi in nome della veridicità di quanto si sostiene e si afferma.

0 commenti: